È un pomeriggio di settembre del 2006 nel quartiere di Washington Heights ad Harlem. Nell’appartamento al primo piano di un project identico a quelli che caratterizzano diversi isolati in quest’area si trova uno studio di registrazione con diversi campionatori, drum machine e tastiere che appartengono a un tempo passato. Il tutto appare come rivestito da una patina che conferisce all’insieme un sapore vintage, se non fosse per il bagliore di un computer di ultima generazione. Intorno le pareti sono stracolme di foto, una sorta di galleria di momenti ‘storici’ della carriera di un rapper di successo. L’abbigliamento, le capigliature, i gioielli in quelli foto rimandano esplicitamente agli anni Ottanta. E proprio su come saranno raccontati quegli anni e quelle esperienze in un film sulla sua vita con LL Cool J come attore protagonista, è impegnato l’MC che con il suo primo singolo ha dato un nuovo trend nell’hip hop. Parliamo di It’s Yours e di T La Rock. Dalla produzione musicale allo stile caratteristico nell’MCing, T La Rock ha influenzato, con le sue idee e attitudine, una generazione di MC. Primo tra tutti lo stesso LL Cool J, basti pensare a I Need a Beat. Purtroppo la brillante carriera dell’MC del Bronx fu interrotta a causa di un grave incidente cerebrale mentre cercava di sedare una rissa davanti a casa del fratello nel Bronx. Riemerso nel nuovo secolo, T La Rock è di nuovo sulla scena, impegnato con lo scrittore Antwone Fischer nella sceneggiatura di questo progetto che, da poco, sembra aver trovato finanziatori interessati…
In quale zona di NYC sei cresciuto e quali sono state le tue prime ispirazioni a livello musicale?
Sono nato a Manhattan e mi sono trasferito nel Bronx quando avevo circa 8 anni. Sono stato introdotto alla musica sin da giovane poiché mio padre ascoltava molto funk e soul e così diventai a mia volta un grande appassionato e collezionista di funk. Il primo DJ che vidi suonare fu Kool Herc. C’erano molti DJ locali (DJ Blackjack, DJ Whitehead) ma Herc era la vera personalità. Lui mi spinse al DJing all’inizio della mia carriera mentre la mia successiva passione per l’MCing derivava più che dall’abilità linguistica dei primi MC da quelle di personalità quali Muhammad Alì o dell’attore bianco Danny Kay che sapeva giocare con le parole con ritmo.
Quali sono state le tue prime esperienze con la cultura che in quei giorni stava nascendo nel Bronx?
Vivevo nella zona ovest del Bronx, vicino a una scuola media inferiore chiamata PS 82, non lontano da Sedgwick Avenue. Vivevo al centro della zona dove si svolsero le prime feste di Herc. Alla Stevenson High School ho incontrato diversi membri della Zulu Nation e dei Zulu Kings. Ho iniziato a praticare il Bboying davvero presto. All’intervallo delle lezioni ci sfidavamo sempre. Uno dei primi soci che ho avuto come Bboy fu DJ Breakout, del gruppo dei Funky Four. Parlando dei Funky Four, uno dei miei amici d’infanzia era Keith Keith, MC di quel gruppo.
E così come molti tuoi coetanei sei passato dal Bboying al DJing? Quali erano i tuoi break preferiti?
Ho ancora la mia collezione di break beat sebbene sia ora difficile per me ricordare il nome della canzone o di un gruppo. Ma voglio esser sincero con te: non te li direi comunque! Ecco come ho fatto ad avere sempre tanti break e sempre diversi dagli altri, semplicemente non rivelando i miei segreti. Provengo da un’era in cui se avevo un break nuovo facevo di tutto per strapparne l’etichetta o per nascondere quel titolo, non mi bastava coprirla. Molti DJ dell’epoca si ritroveranno di sicuro nelle mie parole. Dopo anni riprendendo quei dischi, capita che non ricordi nemmeno che pezzi fossero.
Quando formasti il tuo primo gruppo?
Ci chiamavamo The Undefeated4, un gruppo di giovani molto versatili capaci sia nel Djing, sia nell’MCing. C’era molta gente intorno alla nostra crew come mio fratello Special K e molti altri. Sono stato io a introdurlo all’MCing, era più giovane e cercava di imitare tutto ciò che facevo. Sono entrato nella scena hip hop all’inizio degli anni Settanta e ho iniziato a fare l’MC prima di molti pionieri. Le mie prime performance sono state nelle feste nei parchi. Ho fatto show anche in qualche club ma gli House Party erano quelli che andavano per la maggiore data la grande abbondanza di appartamenti e case abbandonate nel Bronx di quegli anni.
Quale fu la tua reazione ascoltando per la prima volta Rapper’s Delight?
Rapper’s Delight non era il tipico pezzo hip hop a cui eravamo abituati, sembrava più un pezzo disco, per questo fui felice quando ebbe successo e divenne mainstream. A molti non piaceva perché non suonava hip hop; dal mio punto di vista, invece, questo elemento avrebbe garantito l’apertura di nuove possibilità per tutta la scena.
Come sei riuscito a incidere invece il tuo primo disco?
Quando mio fratello Special K mi propose di incidere un disco… a dirla tutta non è che fossi particolarmente convinto, lavoravo in una farmacia e guadagnavo bene, in più facevo a tempo perso il DJ e l’MC nelle feste. Fu lui, che aveva già avuto esperienze professionali con il suo gruppo, i Threacherous3, a convincermi a incidere quel disco. Mi aveva parlato di un certo Rick Rubin e mi disse che voleva produrre un disco. K non poteva perché era già sotto contratto. Registrai It’s Yours e me ne dimenticai immediatamente; il giorno successivo ero al lavoro come al solito. All’inizio fu in rotazione nei programmi notturni poi un giorno, mentre ero al lavoro il DJ alla radio annunciava il disco più richiesto della giornata, ero convinto che stesse parlando dei RUN DMC o di qualche celebrità quando all’improvviso udii annunciare il mio nome. It’s Yours fu suonato in tutte le radio e divenne un vero successo. Era il primo disco rap realizzato in quella modalità, un beat potente, qualche scratch e un contenuto intelligente e positivo per gli ascoltatori. È importante ricordare come il mio fosse il primo disco rap ad avere una reale rotazione radiofonica nonostante rappresentasse la vera essenza della strada: un MC, l’interazione con il suo pubblico e un DJ che fa scratch. Per me fu come vincere alla lotteria! Iniziai a fare parecchi concerti e a esser sempre più richiesto, nonostante ciò decisi di continuare a lavorare finché non divenne impossibile gestire lavoro e carriera separatamente.
A proposito della produzione, che mi dici di quei bassi?
La ragione per cui It’s Yours ha dei bassi così potenti è perché durante la fase di mixaggio ci trovavamo tutti in studio e ricordo che ero così eccitato che continuavo a urlare che avevamo bisogno di più bassi e li spigemmo così tanto che i monitor in studio erano come impazziti. Ne uscì un beat crudo da Bboy, bassi potentissimi e con l’aggiunta di un flow caratteristico e preciso.
E che dire dei rapporti con Rubin e la nascente Def Jam?
Rick Rubin è sempre stato molto disponibile con me. Non ho mai approfondito l’amicizia oltre l’aver condiviso tempo e idee in studio per produrre il mio primo singolo. A parte i giorni in studio, Rubin l’ho sempre incontrato saltuariamente mentre Jazzy Jay faceva il mio DJ durante il tour. Gli scratch sul disco erano i suoi. Il successo di It’s Yours è durato oltre un anno dopodiché sono tornato a lavorare con il mio DJ di sempre, DJ Louie Lou per la Fresh Records. Facemmo un EP con tre canzoni He’s Incredible, Breakdown, Locked in the Party. Anche quell’EP fu un successo, non della portata di It’s Yours ma abbastanza da generare l’interesse di Mantronix. L’intero album Lyrical King è stato prodotto da Louie Lou e dal sottoscritto con Mantronix al mixaggio. Con quell’album ho iniziato a viaggiare oltreoceano e ad avere un richiamo internazionale.