Ottobre 2017. L’evento, i BET HIP HOP Awards. Il momento più atteso della serata, il Cypher annuale. In un succedersi di video preregistrati, nomi leggendari della scena si alternano al microfono a volti emergenti. L’evento procede secondo programma finché non entra in scena Eminem che rappa in un freestyle a cappella tutta la sua rabbia e frustrazione nei confronti di Trump. We got in office now’s a kamikaze/ That’ll probably cause a nuclear holocaust/ And while the drama pops/ And he waits for s**t to quiet down, he’ll just gas his plane up and fly around ’til the bombing stops. Il parcheggio in cui è stato girato il video, le auto e gli amici posti a semicerchio intorno all’MC dirigono l’attenzione dell’audience verso l’artista, le sue liriche, i suoi movimenti corporei e quel respiro incalzante, tutti elementi che contribuiscono ad aumentare il senso di urgenza della sua denuncia. Nella sua aggressione lirica, il rapper di Detroit critica aspramente il presidente e la sua amministrazione per le politiche razziste, per l’incapacità di gestire il problema delle armi, per l’attacco agli immigrati, oltre che per le critiche, gli insulti e le minacce nei confronti di chiunque non si conformi al suo pensiero.
The Storm, così si intitolano quei 4 minuti di freestyle, ha monopolizzato l’attenzione dei media offuscando non solo le altre performance, ma anche qualsiasi altro pezzo anti Trump. Il Freestyle è stato ripreso dalle principali televisioni e dai media digitali e cartacei; ha ottenuto più di 8,7 milioni di visualizzazioni su YouTube e circa due milioni di persone hanno condiviso il video su Twitter, rendendolo virale. Eminem ha ottenuto riconoscimenti e sostegno da personalità quali Colin Kaepernick, LeBron James, Snoop Doggy Dog, Ellen DeGeneres e molti altri ancora.
Ma non finisce qui. Dopo aver denunciato i danni del nonno 94enne alla Casa Bianca, Eminem lancia un ultimatum ai suoi fan che sostengono la politica di Trump. I’m drawing in the sand a line: you’re either for or against. If you can’t decide who you like more and you’re split on who you should stand beside, I’ll do it for you with this: Fuck you!, e si congeda mostrando il dito medio alle telecamere. La volgarità nei gesti e nelle parole di Eminem, utilizzata per colpire l’attenzione dei suoi fan, è la risposta più adatta alle volgarità del presidente, Cause like [Trump] in politics, I’m using all of his tricks.
In realtà, questa non è la prima volta che il rapper prende di mira il magnate. L’anno scorso durante la campagna elettorale, Eminem pubblicò un brano in cui definiva Trump un fucking loose cannon (una fottuta mina vagante); all’inizio di quest’anno, invece, ha definito il presidente uno stronzo durante un evento pubblico. Qualche giorno prima dei BET HIP HOP Awards, in un concerto a Glasgow, il rapper ha indossato una maglietta con la scritta FACK TRUMP e ha espresso forti critiche nei confronti del suo operato prima di rappare White America.
Eminem non è stato né il primo né l’unico rapper ad attaccare Donald Trump.
L’attacco più esplicito risale all’agosto scorso ed è opera del californiano YG. Nel testo di FDT – Fuck Donald Trump definisce il presidente un cancro e continua He can’t make decisions for this Country, he gon’ crash us/No, we can’t be a slave for him. Kendrick Lamar ha scritto delle liriche indirizzate esplicitamente al presidente in The Heart Part 4: Donald Trump is a chump, know how we feel, punk/Tell ’em that God comin’ /And Russia need a replay button, y’all up to somethin’ /Electorial votes look like memorial votes/But America’s truth ain’t ignorin’ the votes. Il giovane rapper Aminé ha utilizzato lo spazio del suo debutto televisivo nel The Tonight Show With Jimmy Fallon lo scorso novembre per rappare queste barre: 9/11, a day that we never forgettin’/11/9, a day that we always regrettin’.
Oltre a quelle citate, ci sono molte canzoni che trattano temi implicitamente anti Trump come, per esempio, la brutalità della polizia o la disparità economica. Chance the Rapper, esibendosi lo scorso mese sul palco del The Late Show With Stephen Colbert, ha rappato: And y’all just keep clappin’ and keep happen/Like Flint got clean water and y’all don’t got teen daughters and black friends and gay cousins, y’all just gon’ say nothin. Jay-Z ha mandato al presidente “tutto il suo disprezzo – all disrespect“ durante un’intervista. Snoop Dogg ha scatenato una vera e propria tempesta mediatica quando ha puntato una pistola giocattolo alla testa di un sosia di Trump nel video BADBADNOTGOOD. Vince Staples ha fatto intonare al suo pubblico un coro denigratorio, Tell the president to suck a dick.
Durante i BET HIP HOP Awards ci sono stati altri MC che si sono espressi duramente contro il presidente e la sua amministrazione. KKK / that’s just Trump in disguise, così ha rappato Fat Joe salito sul palco dopo altre esibizioni altrettanto politiche, quali quelle di Belly e Cyhi the Prynce .
Alcuni considerano le reazioni scatenate dal freestyle di Eminem come prova del razzismo che percorre la società americana contemporanea; ciò che rende quei 4 minuti così eccezionali, infatti, non sono le liriche, il contenuto della denuncia, bensì il fatto che siano rappate da un MC bianco. Il colore della pelle gli garantisce la possibilità di rivolgersi a un’audience diversa da quella della controparte nera. Un recente articolo del New York Times ha evidenziato come la base dei suoi fan sia più forte in aree rurali e per lo più bianche: West Virginia, Ohio del Sud, la zona est del Kentucky, il Nord del Maine, gli Ozarks in Missouri, le Grandi Pianure.
Quando Kendrick Lamar critica Trump, lo sta facendo per un pubblico per lo più nero e urbano; quando lo fa Eminem, c’è la forte possibilità che possa intercettare un numero elevato di sostenitori di Trump, parte della sua stessa fan base.
Le sue rime più forti evidenziano i doppi standard in tema di razza. Insulta i razzisti, the Klansmen / Tiki torches in hand for the soldier that’s black / And comes home from Iraq / And is still told to go back to Africa; Eminem sostiene che Trump sia l’esemplificazione di come ai bianchi siano permesse cose che i neri non possono neppure sognare.
Oltretutto questo messaggio arriva da un artista che si è fatto un nome parlando a favore dell’America media e la cui biografia si inserisce perfettamente in questa narrazione della “classe operaia bianca”, così come quella di molti dei suoi fan. (See the problem is/I speak to suburban kids/who otherwise would’ve never knew these words exist). Non sappiamo se la performance di Eminem riuscirà a cambiare il modo di pensare dei fan di Trump, di sicuro hanno ricevuto il messaggio forte e chiaro, anche per l’ampiezza del dibattito che tale performance ha scatenato.
Eminem non è il primo cantante a prendere le distanze dalla parte più conservatrice della proprio pubblico. Nel 2003, le Dixie Chicks hanno fortemente criticato George W. Bush durante un loro concerto: la cantante Natalie Maines affermò di vergognarsi per il fatto che quel presidente degli Stati Uniti provenisse dal Texas. Il gruppo subì pesanti conseguenze per quell’affermazione – il loro singolo in cima alle classifiche crollò nel periodo immediatamente successivo a quelle dichiarazioni. La loro esperienza non sembra aver avuto alcun effetto su Eminem, The rest of America stand up/We love our military, and we love our country but we hate Trump.