Nel luglio del 2021, il senato americano ha approvato all’unanimità un disegno di legge che designa novembre come il mese di celebrazione della storia dell’Hip Hop. La decisione riconosce a livello istituzionale l’importanza di un movimento culturale ed artistico che ha influenzato in modo determinante la società americana nel corso degli ultimi 50anni, evidenziandone l’impatto storico, politico e sociale. Non solo. Questa decisione è avvenuta dopo aver designato l’11 agosto 1973, data del primo party di Kool Herc come anniversario ufficiale della nascita di questa cultura. Il party di DJ Kool Herc dell’estate del 1973 nel West Bronx è infatti passato alla storia come l’incipit di un mito: non certo per i partecipanti – un centinaio di giovani del quartiere – non certo per il luogo – una modesta sala comunitaria in un nuovo complesso popolare – né per la zona – a un paio di miglia dallo stadio degli Yankees, vicino al luogo in cui la Cross-Bronx Express Way riversa il proprio traffico nell’isola di Manhattan. La storia ricorda quella festa poiché quello fu il giorno in cui Clive Campbell diventò leggenda; da allora è celebrato come l’architetto di un nuovo genere musicale: l’Hip Hop. UNA NUOVA IDENTITÀ Il dodicenne Clive Campbell arrivò a New York nel 1967, muovendo i primi passi una città che presto si sarebbe rivelata dura e inospitale; non certo l’America che aveva visto nei film grazie alla televisione del vicino a Kingston né quella cantata nei dischi importati dagli States del padre. Herc imparò ben presto a cavarsela diventando membro di una delle tante gang che popolavano il quartiere. Sin dall’infanzia, la passione per la musica funk e soul lo aveva fatto avvicinare ai DJ radiofonici come Cousin Brucie e Wolfman Jack, che idolatrava per il loro parlato dolce e melodico su basi musicali. Iniziò a frequentare le feste chiamate First Fridays, organizzate dalla scuola cattolica della zona nel complesso popolare dei Murphy Projects, e gli house party dove ascoltava la musica trasmessa dalla Wbls o dalla Wwrl. I Temptations, Aretha Franklin, Smokey Robinson e James Brown erano la sua passione e i suoi insegnanti: attraverso l’ascolto di quelle canzoni Clive perse definitivamente il suo accento giamaicano. Arrivato alla Smith High School, Clive aveva perso i tratti riconducibili alle sue origini: era pronto per reinventarsi un’identità. Nell’estate del 1970, la tag di Taki 183 era una presenza capillare nella rete metropolitana di New York City e, come migliaia d’altri adolescenti, Clive e i suoi amici si munirono di marker e bombolette e iniziarono a disseminare il quartiere delle loro tag, Clive si firmava come Clide as Cool. Per il giovane immigrato giamaicano il writing rappresentò l’entrata nella nuova cultura, l’elemento che lo portò a conoscere i campioni dello stile. Herc iniziò a frequentare gli Ex Vandals, la leggendaria crew di Brooklyn che includeva Super Kool 223, El Marko, Stay High 149 e Phase 2. Tra il 1971 e il 1972, la presenza dei graffiti si spostò dai muri degli edifici alle carrozze metropolitane. Se da un lato le autorità cittadine iniziarono a varare leggi pesantemente repressive nei confronti di questi giovani artisti metropolitani, dall’altro i più creativi diedero una nuova spinta al movimento. Clive, però, sarebbe passato alla storia per altre ragioni. Era un ottimo atleta e i compagni di scuola lo chiamavano Hercules per la forza fisica e la potenza con cui schiacciava a canestro. Il diminutivo era Herc, un nome originale, così abbandò il nome Clive as Cool e iniziò ad essere Kool Herc. THE MAN WITH THE MASTER PLAN Durante i primi anni settanta, le discoteche chiudevano una dopo l’altra e gli house party erano sempre meno a causa della violenza e dell’insicurezza dovute al proliferare di gang quali i Black Spades e i Savage Skulls. Il West Bronx non aveva raggiunto ancora i livelli di violenza della zona Sud e i giovani che vivevano in quell’area cercavano luoghi in cui socializzare e divertirsi. Questo spiega in parte le ragioni per cui Sedgwick Avenue fosse non solo pronta ma addirittura ansiosa di accogliere la nuova stagione di feste che si sarebbero diffuse a macchia d’olio. Durante quel leggendario party dell’estate del 1973, Herc ebbe una intuizione che si rivelò una delle scelte creative chiave della musica del 20° secolo. Aveva intuito quali fossero i brani o le parti di essi che la gente aspettava per scatenarsi sul dancefloor. Il momento in cui il pubblico perdeva la testa era la parte strumentale in cui tutti gli elementi scemavano a favore delle percussioni e del ritmo: il break! Da quel momento di ispirazione o follia è arrivato il concetto di breakbeat, quindi campionamento e tecnologia di produzione musicale, nonché ogni tipo di tecnica di produzione basata su loop. Herc iniziò a selezionare i dischi per il break: il suono delle congas che sembra non interrompersi mai in Apache e Bongo Rock dell’Incredible Bongo Band, la versione live di Give It Up or Turn It Loose di James Brown, la colonna sonora di Shaft in Africa, Scorpio di Dennis Coffey – brani soul o rock con un beat uptempo, spesso con accompagnamenti di percussioni afrolatine. Strappava le etichette dei dischi, in stile giamaicano: “Mio padre mi disse di togliere l’etichetta se volevo guadagnarmi una reputazione, se desideravo farmi un seguito” spiega Herc, dando involontariamente testimonianza della nascita della competizione per l’originalità nella cultura hip hop. Sfruttando la tecnica in seguito definita merry go round, Herc suona due copie dello stesso disco, facendo cominciare il break del secondo mentre sta terminando il primo, estendendo in questo modo i cinque secondi del break a cinque minuti di fuoco. Nelle feste Herc passava da un break all’altro mandando letteralmente in delirio la folla. Herc assemblò un suo gruppo di DJ, b-boy, writer e MC con il nome di Herculords: Coke La Rock, DJ Timmy Tim e Little Tiny Feet, Dj Clark Kent and the Rock Machine, Imperial JC, Blackjack, LeBrew, Pebblee Poo, Sweet and Sour, Prince e Whiz Kid. Insieme all’amico Coke La Rock iniziò a creare uno stile originale, cercando di importare lo stile dei DJ di Kingston come Count Machuki, U-Roy e Big Youth per adattarlo al gusto dei giovani del Bronx. Herc e Coke parlavano in continuazione con il pubblico, coinvolgendolo con saluti e brevi rime, sviluppando un proprio slang, creando un’immagine che si sarebbe rivelata larger than life. Per il 1977 il Bronx era suddiviso secondo un nuovo scenario non più definito dai colori delle gang. Nel South Bronx, dove un tempo stavano le gang dei Bachelors, dei Savage Nomads, dei Savage Skulls e dei Ghetto Brothers, Grandmaster Flash stava emergendo come la nuova celebrità. Nel Sud-est, prima territorio dei Black Spades, dei Power Javelins, Afrika Bambaataa stava creando la Zulu Nation. A Nord c’erano DJ Breakout e DJ Baron. Il West Bronx e i club dell’Eastside rimanevano ancora zona di Herc. Quest’ultimo era ancora il re indiscusso del Bronx per la sua selezione di dischi, la folla che lo seguiva e il suo potentissimo sound system, ma Flash iniziava a rapire con la sua sofisticata precisione e Bambaataa aveva dietro a sé la forza dei giovani del Bronx River Project. La nuova gerarchia del cool aveva rimpiazzato quella delle gang e una nuova, straordinaria energia creativa stava per esplodere dai bassifondi della società americana per diffondersi in tutto il mondo.