Original London style

Hip hop, sound systems & black british culture
La cultura popolare inglese venne sconvolta il 6 dicembre 1982, quando il videoclip di Buffalo Gals di Malcolm McLaren & The World’s Supreme Team fu trasmesso nel famoso programma televisivo Top of the Pops. Di colpo i codici indecifrabili dell’ondata creativa del Bronx sembrarono rivelarsi in tutta la loro potenzialità. L’impatto fu devastante, benzina gettata sul fuoco, un incendio che fece esplodere l’immaginario ribelle dei giovani neri. Nacque così un movimento dirompente che aveva il suo fulcro nevralgico a Covent Garden, nel cuore di Londra, nella metropoli che più di ogni altra era stata in grado di far dialogare le diverse forme di espressione delle periferie. L’hip hop inglese, facilitato nella sua diffusione dalla cultura dei sound system, riuscì a miscelare le influenze caraibiche, afroamericane e africane in uno stile molto originale, mettendo l’esperienza black british al centro della diaspora atlantica.
L’hip hop si inserì in Inghilterra in un momento in cui la musica era in uno stato di evoluzione continua: punk, new wave e synth pop, ma anche reggae, funk, R&B e rare groove. Nel frattempo le nuove tecnologie a basso costo come sintetizzatori, campionatori, sequencer e drum machine avevano dato la possibilità di produrre generi sempre più innovativi. Infatti, nel giro di dieci anni, nacquero altre controculture musicali destinate ad arrivare fino ai nostri giorni: jungle, house, D&B, dubstep e grime.



Stand 4 what

Rap, razza e attivismo nell’America di Trump.
Otto anni di Obama non hanno intaccato la crescente polarizzazione politica e sociale, ora l’amministrazione Trump vuole eliminare le paure dei bianchi sulla pelle di migranti, musulmani, donne, neri e coloro che non “meritano di vivere il sogno americano”.
In questo passaggio critico è fondamentale indagare il rapporto tra le esperienze di base e la loro produzione culturale, capire quali percorsi si stanno sviluppando nella ricerca di un nuovo immaginario black.
Stand 4 what è un viaggio nelle contraddizioni causate dalle politiche neoconservatrici, una riflessione sui movimenti radicali delle periferie e della provincia americana. A partire da Black Lives Matter, un fronte dissidente formato da giovani e sostenuto da una scena di artisti riscopre nel rap l’arma più potente.
Una raccolta di saggi e interviste ai protagonisti della scena hip hop: Common, Kendrick Lamar, Beyoncé, T.I., Nick Cannon, Childish Gambino, JayZ e molti altri.


Louder Than a Bomb

La Golden Age dell’Hip Hop.
Louder Than a Bomb è un viaggio attraverso le origini e l’esplosione della golden age dell’hip hop, il periodo in cui da cultura underground radicata nell’ambiente urbano divenne un fenomeno mainstream, con largo seguito nelle aree suburbane.
Il volume raccoglie una serie di racconti orali dei protagonisti e alcuni brevi saggi introdotti da una cronologia su politica, moda, sport e cinema dell’America nera degli anni ottanta, ed è completato da una panoramica sulla scena londinese che mette in risalto il primo impatto dell’hip hop in Europa.
u.net con il suo stile narrativo sincopato costruisce un collage di immagini, digressioni, salti temporali, agganci e aperture per presentare i diversi argomenti, come in un cut & paste di una produzione rap. Il suo obiettivo è sempre quello di fornire al lettore gli strumenti utili a comprendere un movimento culturale in rapporto alla complessità del periodo storico.



Renegades of funk

Il Bronx e le radici dell’Hip Hop.
Nel Bronx, durante i primi anni settanta, le gang stipularono una tregua. Nelle zone liberate del ghetto i giovani iniziarono a sfidarsi inventando uno stile nuovo nella danza, nella musica e nella spray art che pose le premesse per la nascita e la diffusione nel mondo della cultura hip hop.
Renegades of Funk ripercorre le fasi cruciali di questa esplosione creativa attraverso le testimonianze dei protagonisti della old school.
Da Trac2 a Tracy 168, da Charlie Chase a Rodney C!, da Rammellzee a Busy Bee. Storie, ricordi, riflessioni e tavole rotonde compongono un affresco più colorato dei graffiti su un treno della metro, più spettacolare delle acrobazie di un b-boy, più coinvolgente di una battaglia fra DJ, più ritmato di un MC che con il suo microfono racconta nuovi mondi.


Bigger than hip hop

Storia della nuova resistenza afroamericana. Bigger than hip hop è una dettagliata mappa sui più recenti sviluppi della cultura hip hop statunitense, punto di riferimento obbligato della musica, del linguaggio e dello stile di vita nero. Grazie alle testimonianze di artisti quali M1 dei Dead Prez e Boots Riley di The Coup e alle riflessioni di critici quali Bakari Kitwana e Greg Tate, u.net traccia un itinerario attraverso il rap, la street art, il cinema e le componenti politiche e sociali che stanno alla base di quest’ondata di creatività proveniente dai ghetti postindustriali. Un volume “a caldo” sulle nuove tendenze, in anticipo su quello che “sta già arrivando”.