DI IGIABA SCEGO. L’album “Damn” di Kendrick Lamar inizia e finisce con una sparatoria. Un suono sordo, vuoto, pauroso, l’antitesi stessa della musica. E da lì che è partita la ricerca dell’autore in direzione di un se stesso non sempre facile da afferrare. L’indagine di Kendrick Lamar è stata minuziosa, capillare fino quasi alla follia. Ed è stato tutto questo ad aver convinto i giudici del Pulitzer a premiare, la prima volta in 102 anni di storia del premio, proprio lui Kendrick Lamar, un rapper. Di solito era la musica classica a farla da padrone al Pulitzer, seguita dal Jazz. Ma quel rap bruciato
di troppa vita, quell’odore di ghetto e solitudine, non poteva di certo essere ignorato. E per Lamar, come prima di
lui per Barack Obama in politica, il tutto si è colorato delle luci di una vittoria collettiva. [READ MORE]